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COMUNIONE LEGALE FRA CONIUGI: COME FUNZIONA?

COMUNIONE LEGALE FRA CONIUGI: COME FUNZIONA?

Comunione legaleLa comunione legale è uno dei temi più complessi ed articolati nell’ambito del diritto di famiglia e non solo, attese le enormi ripercussioni che essa esercita su ogni aspetto della vita patrimoniale familiare. La presente riflessione si propone di offrire una panoramica di base dell’istituto in chiave pratica, onde chiarirne la portata ed i limiti, ed anche sfatando talune “leggende metropolitane”.

A quest’ultimo proposito, cominciamo col chiarire una questione. La comunione legale non comporta che, al momento delle nozze, tutto quanto sia di proprietà dei novelli coniugi venga “messo in comunione”. Essa, infatti, opera solo per il futuro, e, per di più, sono molti gli acquisti che la legge prevede non vi rientrino, neppure in seguito.

1. Natura giuridica della comunione legale e sue peculiarità

Muovendo con ordine, occorre precisare come la comunione legale sia uno dei regimi patrimoniali della famiglia previsti dall’ordinamento, laddove per “regime patrimoniale” deve intendersi quel complesso di norme e regole che disciplinano i rapporti patrimoniali intercorrenti fra i coniugi. Essa, anzi, è il regime “normale”, nel senso che è destinata ad operare in assenza di una diversa scelta ad opera dei nubendi, i quali potrebbero, ad esempio, optare per il regime della separazione dei beni.

Ciò premesso, occorre chiarire come la comunione legale trovi la propria fonte, per l’appunto, nella legge, e dalla legge essa risulti interamente disciplinata, in maniera pressoché inderogabile. Un primo aspetto intangibile è la misura della titolarità: tutto ciò che cade in comunione legale è condiviso in parti uguali. Ciò, al contrario di quanto avviene nella comunione ordinaria (che si ha, ad esempio, allorquando due o più soggetti acquistino in comune la proprietà di un bene o un diritto reale), nella quale possono prevedersi quote diseguali. Altro elemento di distinzione tra i due istituti risiede nel fatto che nella comunione legale il singolo coniuge non può in nessun caso disporre della quota di sua spettanza, tanto che parte degli Autori parla di “comunione senza quote”. Da ultimo, e come conseguenza di quanto detto, nessuno dei coniugi può chiedere la divisione dei beni comuni, al contrario, ancora una volta, di quanto consentito in materia di comunione ordinaria. Per poter procedere alla divisione, infatti, è necessario che i coniugi mutino preventivamente il loro regime patrimoniale familiare. Solo a seguito di ciò, infatti, sorge fra i coniugi una comunione ordinaria in parti uguali sui beni comuni, prodromica alla eventuale divisione. Giova sottolineare, infine, anche l’inderogabilità delle norme sull’amministrazione dei beni facenti parte della comunione legale.

2. Gli acquisti in comunione legale c.d. immediata

Ciò premesso, l’art. 177, 1° comma, cod. civ., prevede che cadano in comunione legale c.d. immediata gli acquisti compiuti dai coniugi, congiuntamente o meno. Cosa si intende per “acquisti”?La dottrina e la giurisprudenza hanno chiarito come la norma si riferisca alla proprietà ed ai diritti reali (usufrutto, superficie ecc.), restando esclusi, invece, i crediti ed i rapporti obbligatori in genere. E’ da sottolineare come la caduta in comunione legale operi automaticamente, anche laddove l’atto fosse firmato da un solo coniuge. In altre parole, non è possibile in alcun modo evitare la caduta in comunione legale, neppure se in atto intervenisse l’altro coniuge per rifiutare l’acquisto (c.d. inammissibilità del rifiuto del coacquisto). L’unica strada, ha chiarito la Cassazione, per evitare la caduta in comunione legale del bene, è quella di stipulare preventivamente un’apposita convenzione matrimoniale, alla presenza inderogabile di due testimoni e dinanzi ad un notaio. Rientra poi, nella comunione immediata, anche la c.d. azienda coniugale, cioè quella costituita dopo il matrimonio (da uno o entrambi i coniugi) e gestita in comune. Se, invece, l’azienda è gestita congiuntamente ma appartiene ad uno solo dei coniugi sin da prima della nascita della comunione legale, quest’ultima riguarda solo gli utili e gli incrementi.

3. La comunione “de residuo”

Con questo termine si allude alla circostanza che essa opera solo al momento dello scioglimento della comunione legale. In altre parole, in prima battuta, i beni in questione restano del coniuge acquirente, il quale ne rimane unico titolare. Al momento suddetto (ad es. al momento della separazione), tuttavia, qualora detti beni siano ancora in tutto o in parte esistenti, l’altro coniuge potrà vantare un diritto di credito pari alla metà del loro valore (si aderisce qui alla tesi per la quale sorgerebbe un diritto di credito e non un diritto reale, ritenuta prevalente in dottrina e giurisprudenza). Siffatta comunione comprende:

 – i frutti dei beni propri percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione legale (art. 177, m1° comma, lett. b), cod. civ.);

 – i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi, se ed in quanto non consumati allo scioglimento della comunione legale (art. 177, 1° comma, lett.c), cod. civ.);

 – i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente, se sussistono al momento dello scioglimento della comunione legale (art. 178 cod. civ.) – trattandosi di impresa gestita da un solo coniuge e non da entrambi.

4. Le partecipazioni sociali

Quanto alle partecipazioni sociali, si è soliti distinguere fra quelle che comportano assunzione di responsabilità illimitata (quote di s.n.c., società semplice, s.a.s. e s.a.p.a. – limitatamente agli accomandatari), e partecipazioni a responsabilità limitata (s.p.a., s.r.l., s.a.s. e s.a.p.a. – limitatamente agli accomandanti). Le prime, si ritiene che cadano in comunione de residuo, le seconde, in comunione legale immediata (salva la necessità della legittimazione nei confronti della società per l’esercizio dei diritti sociali). Quanto alle partecipazioni in società cooperative, si afferma generalmente che esse non cadono in comunione legale, attesa l’impronta personalistica che caratterizza siffatte società.

5. Acquisti esclusi dalla comunione legale

L’art. 179 cod. civ. elenca ciò che non rientra nella comunione legale, neppure de residuo:

a) i beni di cui ciascun coniuge era titolare prima del matrimonio;

b) i beni acquistati dopo il matrimonio per successione a causa di morte o donazione, salvo che siano espressamente attribuiti dal testatore/donante alla comunione legale;

c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

d) i beni che servono all’esercizio della professione (è sufficiente che tale sia la loro destinazione al momento dell’acquisto e non che essa permanga anche in seguito);

e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita totale o parziale della capacità lavorativa;

f) i beni acquistati col prezzo del trasferimento dei beni di cui sopra o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato in atto (si allude, cioè, ad una sorta di surrogazione fra un bene personale ed il nuovo acquisto, che diviene ugualmente tale).

E’ doveroso precisare, da ultimo, come, in presenza di immobili e beni mobili registrati, l’acquisto di beni di cui alle lettere c), d) ed f) risulti escluso dalla comunione solo a condizione che intervenga in atto il coniuge non acquirente per “confermare” la natura personale dell’acquisto. Si tratta, al riguardo, di una dichiarazione ricognitiva indispensabile ai fini dell’esclusione della caduta in comunione. Secondo alcune pronunce della Cassazione, peraltro, detta dichiarazione sarebbe realmente necessaria solo in presenza di un’intrinseca incertezza in ordine alla natura personale dell’acquisto (soluzione affatto pacifica ed assai rischiosa, nella prassi).

Conclusioni

L’esposizione appena conclusa consente di avere un prima sguardo d’insieme sulla comunione legale dei beni fra i coniugi. Essa, tuttavia, permette anche di percepire l’estrema complessità dell’istituto, del quale, per esigenze di spazio e per evitare di tediare il lettore, si è potuto fornire solo un quadro parziale. Tantissimi sono, infatti, gli elementi ed i problemi sui quali si confrontano quotidianamente dottrina e giurisprudenza, dal rapporto con i creditori alle problematiche relative all’amministrazione dei beni in comunione alla derogabilità della disciplina in oggetto.

Avv. Nicola Sansone


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