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CONVIVENZE DI FATTO: QUALI DIRITTI SUCCESSORI?

Avvocato Nicola Sansone - Studio Legale in Foggia - Civile e Societario > Diritto civile  > CONVIVENZE DI FATTO: QUALI DIRITTI SUCCESSORI?

CONVIVENZE DI FATTO: QUALI DIRITTI SUCCESSORI?

Convivenze di fatto

CONVIVENZE DI FATTO E DIRITTI SUCCESSORI

La legge n. 76/2016 ha introdotto, accanto alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, una disciplina dedicata alle “convivenze di fatto”, cioè quelle fra “persone maggiorenni unite da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”. Requisito indispensabile affinché si applichi la disciplina in oggetto è che la convivenza sia “stabile”, cioè non occasionale o meramente momentanea. La legge fa riferimento, per l’accertamento della stabilità, ad apposita dichiarazione anagrafica, fermo restando che questa deve essere accompagnata dall’esistenza di un vincolo effettivo.

Premesso ciò, in presenza di convivenza di fatto come sopra definita, quali diritti riserva la legge a favore di un convivente nel caso di morte dell’altro?Sussistono gli stessi diritti riconosciuti al coniuge (o alla parte di un’unione civile)?

La risposta all’ultima domanda è senz’altro negativa.

La legge n. 76/2016 riconosce al convivente una serie di diritti precisamente individuati senza richiamare le norme relative alla successione del coniuge. Da ciò deriva che il convivente di fatto superstite non ha diritto a vedersi necessariamente riconosciuta una quota del patrimonio dell’altro (non è, cioè, tecnicamente un legittimario). Ciò implica, sul piano pratico, che ogni convivente può disporre per testamento come meglio crede senza che l’altro possa, un domani, pretendere alcunché. Anche nel caso di successione legittima (cioè non regolata da un testamento), peraltro, il convivente non rientra tra i soggetti chiamati alla successione. Così, se uno dei conviventi muore senza aver redatto un testamento e lasciando a sé superstiti il convivente e due figli, saranno chiamati all’eredità solo questi ultimi.

Ma quali sono, allora, i diritti spettanti al convivente superstite?La legge, al riguardo, si limita a riservargli una serie di diritti relativi alla casa di comune residenza, distinguendo fra diverse ipotesi, di seguito illustrate.

1. Casa di comune residenza di proprietà del convivente defunto.

In tal caso, a prescindere da chi siano gli eredi, il convivente superstite ha il diritto “di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni”.1 Tale diritto di abitazione, peraltro, si estingue nel caso in cui il convivente cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, di unione civile o di nuova convivenza di fatto.

2. Casa di comune residenza condotta in locazione dal convivente defunto.

In tal caso, il convivente ha facoltà di succedere nel contratto, manifestando la propria volontà in tal senso. Il subingresso, perciò, non è automatico, al contrario di quanto previsto per il coniuge (e altri soggetti) dall’art. 6, l. n. 392/1978. V’è da precisare, peraltro, come la Corte Costituzionale2 avesse dichiarato l’incostituzionalità del predetto art. 6 nella parte in cui non prevedeva il subingresso del convivente more uxorio. Si pone, pertanto, un problema di compatibilità fra la detta sentenza della Corte Costituzionale, la quale ha in sostanza determinato il subingresso automatico del convivente, e la riforma del 2016, la quale fa riferimento ad una mera facoltà. Pare potersi ritenere che la scelta esplicita del legislatore del 2016 volta all’attribuzione di una facoltà di subentro, sostituisca l’operatività dell’art. 6, l. n. 392/1978 con riguardo al convivente3. La legge non precisa termini e modi per l’esercizio della predetta facoltà. Quanto al termine, non essendovi preclusione, si può ritenere che operi quello ordinario di prescrizione. Quanto ai modi, in assenza di diversa precisazione della legge, deve ritenersi operante il principio di libertà delle forme.

Avv. Nicola Sansone


Note

1 Sul piano giuridico, trattasi di diritto analogo, benché di portata più ridotta, al diritto di abitazione e uso spettante al coniuge ex art. 540, 2° comma, cod. civ.. Parrebbe trattarsi, pertanto, di autentico diritto reale di abitazione, benché avente disciplina e durata peculiari, e non di diritto di natura personale. E’ invece discutibile se il diritto di abitazione del convivente abbia natura di riserva eventualmente tutelabile con azione di riduzione. All’uopo, riproponendosi le riflessioni della giurisprudenza in relazione ai diritti di cui all’art. 540, 2° comma, cod. civ., potrebbe sostenersi la natura riservata del diritto in oggetto tutelabile, tuttavia, direttamente mediante azione di rivendicazione e/o azioni possessorie, atteso che parrebbe trattarsi di legato ex lege soggetto al principio di efficacia reale dei legati di cui all’art. 649 cod. civ..

2 Cort. Cost. sent. n. 404/1988.

3 Un’altra incongruenza pare delinearsi ove si noti, però, come la facoltà di subingresso recentemente introdotta sia applicabile alle sole convivenze aventi i requisiti previsti dalla legge. Potrebbe sorgere il dubbio, pertanto, che l’art. 6 continui oggi ad essere operante rispetto ad altre convivenze definibili come more uxorio ma non come stabili ai sensi della legge n. 76/2016; a meno di ritenere che la convivenza more uxorio sia ormai divenuta sussumibile sotto la definizione di “stabile convivenza di fatto”.

Avv. Nicola Sansone


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