RIFORMA RESPONSABILITA’ MEDICA: NATURA E ONERE DELLA PROVA
E’ di pochi mesi fa la riforma della disciplina in materia di responsabilità professionale degli esercenti professioni sanitarie ad opera della legge n. 24/2017.
Prima di tale intervento, in assenza di una disciplina ad hoc, era stata la giurisprudenza a farsi carico della qualificazione del regime di responsabilità gravante sulle strutture sanitarie e sul personale medico da esse impiegato.
Con la legge n. 24/2017 il legislatore ha preso espressamente posizione sulla materia, anche a causa del crescente contenzioso in materia di responsabilità medica con conseguenti ripercussioni negative sui costi a carico del servizio sanitario nazionale1.
Premesso ciò, sul piano della responsabilità civile, la legge opera la distinzione che segue.
Responsabilità della struttura sanitaria
La legge qualifica la responsabilità della struttura sanitaria (pubblica o privata) come di tipo contrattuale. La struttura è chiamata a rispondere, pertanto, ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., di tutti i fatti dolosi o colposi posti in essere dagli esercenti la professione sanitaria dei quali si avvalga, ancorché non organicamente dipendenti della struttura medesima.
Anche la giurisprudenza, d’altronde, aveva già riconosciuto come l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, determinasse conclusione di un contratto2. Da quanto detto derivano due importanti corollari:
– l’operatività dell’ordinaria prescrizione decennale;
– un agevolato regime dell’onere della prova gravante sul paziente danneggiato, per il quale, infatti, risulta sufficiente provare l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia, allegando l’inadempimento del debitore. Sarà la struttura, per contro, ad essere gravata dall’onere di dover provare di aver correttamente adempiute le proprie obbligazioni ovvero che non sussista rapporto di causalità tra inadempimento e danno3.
Responsabilità del personale sanitario
La legge qualifica la responsabilità del personale medico e sanitario in genere, come di tipo extracontrattuale. Da siffatta qualificazione derivano le seguenti conseguenze:
– l’operatività della prescrizione quinquennale;
– un più severo onere della prova in capo al danneggiato, il quale sarà tenuto a provare l’esistenza del danno, la condotta quantomeno colposa dell’esercente la professione sanitaria, nonché il nesso di causalità4.
Rivalsa della struttura nei confronti del personale sanitario
E’ importante precisare come alla struttura sanitaria spetti il diritto di rivalsa nei confronti del personale sanitario responsabile del danno, ancorché solo per il caso di dolo o colpa grave.
Se l’esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, tuttavia, l’azione di rivalsa nei suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale e deve essere esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall’avvenuto pagamento.
La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l’impresa di assicurazione, in ogni caso, non fa stato nel giudizio di rivalsa se l’esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio. Ove, poi, la struttura avesse concluso una transazione con il danneggiato, questa non sarebbe in ogni caso opponibile all’esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.
Giova precisare, da ultimo, come la legge ponga dei limiti quantitativi all’ammontare della rivalsa5.
Avv. Nicola Sansone
1Vedasi, in tal senso, il crescente ricorso, da parte di medici e strutture sanitarie, alla cd. medicina difensiva, finalizzata a scongiurare il più possibile il rischio di azioni legali, spesso danneggiando, in tal modo, lo stesso paziente e/o aggravando i costi a carico del sistema sanitario.
2Cfr. Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008 n. 577.
3Tutto ciò appare in linea, d’altronde, con quanto già sostenuto dalla stessa Corte di cassazione: cfr. Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008 n. 577.
4Tutto ciò, in contrasto con l’orientamento della costante giurisprudenza dell’ultimo ventennio, la quale aveva riconosciuto la natura contrattuale anche della responsabilità del personale sanitario, sulla base della teoria del cd. contatto sociale qualificato. Cfr. Cass. Sez. Un. 11 gennaio 2008 n. 577.
5Si riporta, qui, il testo della norma: “In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti dell’impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall’impresa di assicurazione, ai sensi dell’articolo 1916, primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Il limite alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all’articolo 10, comma 2.”
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