CASSAZIONE: SI ALLA SERVITÙ DI PARCHEGGIO
SERVITÙ DI PARCHEGGIO: IL SÌ DELLA CASSAZIONE
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 16698/2017 ha espressamente ritenuto ammissibile la servitù di parcheggio, ribaltando l’orientamento tradizionale e consolidato, secondo il quale il diritto di parcheggiare integrerebbe in ogni caso un diritto di natura personale. Ad avviso della ricostruzione tradizionale, infatti, “il parcheggio dell’auto non rientra nello schema di alcun diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la “realità” (…), in quanto la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari.” (Cass. n. 20621/2009). Da quanto detto si desumeva la natura meramente obbligatoria del rapporto avente ad oggetto il diritto di parcheggio, con conseguente sua inopponibilità ai terzi aventi causa.
Con la sentenza citata in principio, la Cassazione supera l’orientamento predetto, affermando come nulla escluda, in linea astratta, che il diritto di parcheggio sia qualificabile in termini di servitù, dovendosi valutare caso per caso se le parti abbiano voluto configurare un rapporto obbligatorio o invece un’autentica servitù di parcheggio, con conseguente sua trascrizione ed opponibilità erga omnes.
Secondo la Suprema Corte, in altre parole, il diritto di parcheggio non sarebbe di per sé ontologicamente incompatibile con lo schema della servitù. A sostegno, si osserva come la servitù, pur tipica nei suoi elementi strutturali, ben possa avere un contenuto vario, secondo quanto emerge dall’art. 1028 cod. civ.. In altre parole, il contenuto del vantaggio, l’utilitas, in favore del fondo dominante, può essere il più vario, ben potendo consistere, pertanto, anche in un diritto di parcheggio, purché, ovviamente, ancorato ai fondi interessati, e non alle persone dei proprietari.
Avv. Nicola Sansone
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