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S.N.C.: LA SORTE DELLA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO

Avvocato Nicola Sansone - Studio Legale in Foggia - Civile e Societario > Diritto civile  > S.N.C.: LA SORTE DELLA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO

S.N.C.: LA SORTE DELLA QUOTA DEL SOCIO DEFUNTO

Socio defuntoS.n.c.: la sorte della quota del socio defunto

Nell’ipotesi di morte di uno dei soci di s.n.c. (società in nome collettivo), qual è la sorte della sua quota di partecipazione alla società?

A fornire la risposta al quesito anzidetto è l’art. 2284 cod. civ., ai sensi del quale “Salva contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.”.

Orbene, l’art. 2284 cod. civ. contempla tre distinte alternative, due delle quali operanti solo in presenza di un’espressa volontà dei soci al riguardo. Esse vanno analizzate separatamente per comprenderne la portata.

1. L’ipotesi normale: la liquidazione della quota del socio defunto

La liquidazione della quota de socio deceduto costituisce l’ipotesi “normale”, vale a dire operante per legge in assenza di diversa volontà delle parti coinvolte o previsione del contratto sociale. Ai sensi dell’art. 2284 cod. civ., in altre parole, è fisiologico che la morte del socio determini lo scioglimento del rapporto sociale con riguardo a quest’ultimo, in considerazione del carattere intuitu personae che caratterizza la partecipazione a società di persone (quale la s.n.c. è). Gli eredi del socio, pertanto, non entrano a far parte della società, ma conseguono solo il diritto alla liquidazione della quota del defunto. Tale diritto integra nient’altro che un diritto di credito, ed essi sono, pertanto, creditori della società, e non soci di essa. Nella massa ereditaria da dividere, dunque, rientrerà anche il credito alla liquidazione di cui all’art. 2284 cod. civ.. E’ importante sottolineare come la liquidazione debba avvenire entro sei mesi dalla morte del socio e sulla base dell’effettivo patrimonio della società e non del valore nominale della partecipazione al capitale. Circa quest’ultima precisazione, valga il seguente esempio: la società Alfa s.n.c. ha due soci, Tizio e Caio, capitale pari ad euro 10.000 (diecimila) ed un patrimonio netto pari ad euro 1.000.000 (un milione). Orbene, alla morte del socio Tizio, i suoi eredi avranno diritto ad una liquidazione pari ad euro 500.000 (cinquecentomila) e non a soli euro 5.000 (cinquemila). La giurisprudenza ritiene che il diritto alla liquidazione sia soggetto a prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2949 cod. civ.  e non all’ordinaria prescrizione decennale (Cass. n. 22574/2014). Un’ulteriore considerazione si rende opportuna: benché l’art. 2284 cod. civ. parli di liquidazione ad opera degli “altri soci”, è pacifico che essa debba essere effettuata dalla società in quanto tale, trattandosi di un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi. L’art. 2284 risente, infatti, dell’impostazione originaria del codice civile del 1942, per il quale le società di persone non erano soggetti di diritto. La formulazione della norma sul punto, pertanto, appare semplicemente frutto di un difetto di coordinamento con il sistema attualmente vigente.

 

2. La prosecuzione della società con gli eredi

In alternativa alla liquidazione della quota, l’art. 2284 cod. civ. consente che la società prosegua con gli eredi del socio defunto. In tal caso, però, è indispensabile una espressa volontà al riguardo, manifestata tanto dai soci superstiti quanto dagli eredi del defunto. In definitiva, alla morte del socio il rapporto sociale si scioglie, ma è in facoltà dei soggetti coinvolti decidere, con apposito atto fra vivi, di proseguire il rapporto sociale. In tale evenienza, dunque, gli eredi (o alcuni di essi) subentrano nella società, perdendo, evidentemente, il diritto alla liquidazione. Eventuali eredi dissenzienti o non graditi ai soci superstiti andranno in ogni caso liquidati pro quota.

 

3. Lo scioglimento della società

Da ultimo, i soci superstiti potrebbero decidere di sciogliere del tutto la società. In tal caso, gli eredi, cui spetta in ogni caso il diritto alla liquidazione della quota del defunto, dovranno attendere il compimento delle operazioni di liquidazione per potersi vedere liquidato quanto ad essi spettante.

 

Le diverse previsioni statutarie

Il sistema appena delineato è operante, ai sensi dell’art. 2284 cod. civ., solo “salvo diversa previsione del contratto sociale”. Nella prassi sono state elaborate diverse tipologie di clausole, la cui ammissibilità è talvolta discussa, di seguito brevemente illustrate:

a) Clausole di continuazione 

Sono clausole con le quali si prevede che la società debba proseguire con gli eredi del socio defunto. Si distinguono in:

facoltative – i soci superstiti sono tenuti a proseguire la società con gli eredi, salva la necessità del consenso di questi ultimi, in omaggio al principio per il quale a nessuno può essere imposta l’assunzione di responsabilità illimitata senza il suo consenso; in sostanza, i soci superstiti manifestano in via anticipata il consenso alla prosecuzione del rapporto sociale, rinunziando, da parte loro, ad avvalersi della altre alternative di cui all’art. 2284 cod. civ.; sono reputate pacificamente ammissibili;

obbligatorie – sia i soci superstiti che gli eredi del defunto sono obbligati a proseguire il rapporto sociale ed a fornire il relativo consenso; l’ammissibilità di tali clausole è discussa, in quanto contrasterebbero con il principio per il quale a nessuno può essere imposta l’assunzione di responsabilità illimitata senza il suo consenso; la giurisprudenza le reputa lecite, ben potendo l’eredità comprendere obblighi;

automatiche – il rapporto sociale prosegue automaticamente con gli eredi, senza che sia necessario alcun atto tra vivi; in altre parole, il rapporto sociale non si scioglie affatto e non sorge alcun diritto alla liquidazione; sono le più discusse per le stesse ragioni sopra illustrate a proposito delle clausole di continuazione obbligatoria, che qui sono operanti a maggior ragione.

 

b) Clausole di accrescimento

Tali clausole prevedono che alla morte del socio la sua quota si “accresca” a favore degli altri. Esse sono pacificamente ritenute ammissibili, purché prevedano che gli eredi del socio defunto debbano essere in ogni caso liquidati (cd. clausole impure). Esse integrano, in sostanza, la preventiva rinunzia, da parte dei soci, ad avvalersi della alternative previste dall’art. 2284 cod. civ. alla liquidazione degli eredi. Sono invece ritenute nulle le clausole di accrescimento cd. pure, che cioè escludono il diritto degli eredi alla liquidazione della quota del defunto, per contrasto con il divieto dei patti successori di cui all’art. 458 cod. civ..

Conclusioni

Attesa la complessità delle questioni appena illustrate, si suggerisce in ogni caso di rivolgersi ad un legale esperto in materia di successioni e diritto societario in presenza di qualsiasi dubbio o controversia in merito ad esse.

Avv. Nicola Sansone


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