APPALTO: SI PUÒ MODIFICARE IL PREZZO PATTUITO?
APPALTO: SI PUÒ MODIFICARE IL PREZZO PATTUITO? – Principio generale, in materia di contratti, è quello per il quale il corrispettivo, una volta pattuito, è tendenzialmente immutabile, salvo che le parti si accordino al riguardo modificando l’originaria pattuizione. L’appalto, tuttavia, è un contratto ad esecuzione prolungata, vale a dire la cui esecuzione si prolunga nel tempo, realizzandosi l’interesse del committente solo con la ultimazione e la consegna dell’opera. Durante tale lasso di tempo possono verificarsi, anche per le caratteristiche intrinseche dell’appalto, imprevisti o sopraggiungere necessità prima ignote. Proprio la rilevanza dell’elemento temporale nell’appalto è alla base delle norme che consentono, in determinati casi, che il corrispettivo originario possa subire delle modifiche, anche senza che le parti si accordino a tal fine. Di seguito sono individuate le singole ipotesi di rivedibilità del corrispettivo dell’appalto.
1. Onerosità o difficoltà nell’esecuzione
Ai sensi dell’art. 1664 cod. civ., “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo”, revisione che può essere accordata solo per la differenza che eccede il decimo. Detta norma, evidentemente, è volta a tutelare ambo i contraenti (committente e appaltatore) laddove il costo dell’opera subisca delle variazioni nel corso dell’esecuzione del contratto di appalto, in aumento o in diminuzione, in conseguenza di circostanze impreviste ed indipendenti dalla volontà delle parti.
Il secondo comma dell’art. 1664 cod. civ. disciplina, invece, l’ipotesi che sopraggiungano “difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili”, che “rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore”. Anche in tal caso, le difficoltà devono essere sopraggiunte, non previste dalle parti ed indipendenti dalla volontà di esse. Ricorrendo detti presupposti, all’appaltatore compete un equo compenso per le difficoltà ulteriori affrontate nella realizzazione dell’opera.
La norma appena illustrata costituisce speciale applicazione dei principi in materia di eccessiva onerosità sopravvenuta, di cui all’art. 1467 cod. civ.. Parte della dottrina, peraltro, ritiene che in materia di appalto trovi applicazione, seppur in via residuale, anche la disciplina generale anzidetta, in aggiunta a quella di cui all’art. 1664 cod. civ., e precisamente laddove non possa operare tale ultima norma.
2. Modifiche del prezzo derivanti da variazioni all’opera
Il prezzo dell’appalto può mutare anche a seguito di variazioni apportate al progetto iniziale. Dette variazioni possono essere di vario tipo:
– variazioni concordate: l’appaltatore non può apportare modifiche al progetto se non con il consenso, da provare per iscritto, del committente; in tal caso, all’appaltatore, se il prezzo originario è stato determinato globalmente, non compete alcun compenso ulteriore per le variazioni, salvo diverso accordo delle parti; qualsiasi variazione del prezzo, pertanto, è rimessa alla comune volontà di committente e appaltatore;
– variazioni necessarie del progetto: qualora, per la realizzazione dell’opera a regola d’arte, si rendano necessarie variazioni al progetto, l’art. 1660 cod. civ. prevede che debba correlativamente variare anche il prezzo pattuito originariamente, e che, in difetto di accordo delle parti al riguardo, spetti al giudice pronunciarsi in materia di necessarietà ed entità delle variazioni alle opere e, conseguentemente, al prezzo; se l’importo delle variazioni, peraltro, supera il sesto del prezzo complessivo, l’appaltatore può recedere dal contratto ed ottenere, eventualmente, un’equa indennità; il committente, dal canto suo, se le variazioni sono di “notevole entità”, può recedere dal contratto, salvo l’obbligo di corrispondere un equo indennizzo all’appaltatore;
– variazioni ordinate dal committente: il committente può apportare unilateralmente variazioni al progetto, purché il loro importo non superi il sesto del prezzo originario e salvo, in ogni caso, il diritto dell’appaltatore a vedersi corrisposto il compenso per i maggiori lavori eseguiti; il principio appena esposto non trova applicazione laddove le variazioni ordinate dal committente comportino una notevole modifica della natura dell’opera o dei quantitativi di lavori previsti originariamente (nel qual caso al committente è preclusa la facoltà di ordinare variazioni all’appaltatore); nel caso in cui le variazioni ordinate dal committente siano in diminuzione, peraltro, egli dovrà tenere indenne l’appaltatore dalle spese sostenute, dai lavori già eseguiti e dal mancato guadagno, in applicazione dei principi di cui all’art. 1671 cod, civ..
Avv. Nicola Sansone
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