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SEPARAZIONE: SI PUÒ RINUNCIARE AL MANTENIMENTO?

Avvocato Nicola Sansone - Studio Legale in Foggia - Civile e Societario > Diritto civile  > SEPARAZIONE: SI PUÒ RINUNCIARE AL MANTENIMENTO?

SEPARAZIONE: SI PUÒ RINUNCIARE AL MANTENIMENTO?

Separazione: si può rinunciare al mantenimento? – Una delle domande che più di frequente si pongono i coniugi in procinto di addivenire a separazione consensuale è se sia possibile la rinuncia “definitiva”, per sempre, a qualsiasi diritto di mantenimento.

È possibile, infatti, che al momento della separazione i coniugi abbiano redditi analoghi, nel bene o nel male, e che quindi vogliano evitare che in futuro un cambiamento della situazione economica dell’uno o dell’altro possa condurre ad una modifica delle condizioni della separazione.

Orbene, la risposta al quesito, affatto banale, è, per così’ dire, “ni”. In linea generale, infatti, la legge prevede che tutte le previsioni relative al mantenimento siano efficaci rebus sic stantibus, e dunque solo fintanto che le condizioni di fatto restino immutate. Ciascuno dei coniugi resta libero, pertanto, anche dopo aver sottoscritto una separazione consensuale, di chiedere la modifica delle condizioni della stessa. Ma la previsione di una rinuncia, pertanto, che effetti avrebbe?

Al riguardo si può scindere il contenuto dell’assegno in due componenti. La prima, essenziale, avente natura alimentare. La seconda, più ampia, integrante l’autentico mantenimento. L’opinione prevalente fra gli interpreti è nel senso di ritenere la prima di dette componenti, vale a dire quella alimentare, irrinunziabile ed indisponibile, in conformità a quanto previsto dalla disciplina di cui agli art. 433 e ss. cod. civ.. Al contrario, ben potrebbero i coniugi, in sede di regolamentazione dell’assetto patrimoniale della separazione, rinunziare a qualsiasi diritto di mantenimento, da intendersi come componente ulteriore rispetto a quella, come detto irrinunziabile, alimentare. Un’eventuale rinunzia tout court anche al diritto agli alimenti sarebbe pertanto da qualificare come affetta da nullità assoluta, per contrasto con norme imperative e con l’ordine pubblico, attesa la rilevanza costituzionale degli obblighi nascenti dal matrimonio, espressamente previsti come non derogabili (art. 160 cod. civ.). Ad aggravare l’invalidità della pattuizione, poi, vi sarebbe l’ulteriore aspetto del carattere preventivo della rinuncia in parola, integrante una rinuncia pro futuro ad un diritto, quello di chiedere la revisione delle condizioni della separazione, da qualificarsi come previsto inderogabilmente dalla legge a tutela del coniuge più debole. Particolarmente rigida appare, sul punto, d’altronde, la posizione della giurisprudenza.

In definitiva, solo apparentemente ed entro margini piuttosto labili, appare possibile parlare di una vera e propria “rinuncia” al diritto al mantenimento. Appare più corretto inquadrare la previsione in oggetto, invece, come mera predeterminazione della funzione dell’assegno, ove spettante, a soddisfacimento dell’irrinunziabile diritto agli alimenti, da ritenersi in ogni caso inderogabile.

Avv. Nicola Sansone


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