SUCCESSIONI: A CHI SPETTA IL TFR DEL DEFUNTO?
Una delle domande che più spesso si pone chi è alle prese, purtroppo, con un decesso, è quella relativa alla sorte del trattamento di fine rapporto spettante al defunto lavoratore dipendente. Si tratta di una questione che ha motivo di porsi soprattutto laddove alcuni degli eredi non rientrino fra gli stretti congiunti del defunto, oppure laddove quest’ultimo avesse un divorzio alle spalle.
Venendo alla risposta al quesito, occorre distinguere, anzitutto, l’ipotesi in cui il tfr sia stato erogato prima della morte del lavoratore, da quella inversa. Nel primo caso, infatti, la somma è ormai entrata ad ogni effetto nel patrimonio ereditario, e dunque segue la sorte di quest’ultimo, dovendo essere ripartita fra tutti gli eredi, legittimi o testamentari, pro quota.
La situazione cambia radicalmente nel caso in cui, come accennato, il tfr non fosse stato ancora erogato alla morte del lavoratore. In tale eventualità, infatti, la somma tecnicamente non fa parte dell’asse ereditario, e dunque non può essere ripartita tra gli eredi. Qual è, dunque, la sorte del tfr nel caso in esame?
La risposta al quesito è fornita dall’art. 2122 cod. civ., a norma del quale l’indennità in questione spetta “al coniuge, ai figli e se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo”. Si tratta, dunque, di un diritto di credito che la legge riconosce agli stretti congiunti del defunto, a prescindere dal fatto che siano eredi o meno del medesimo. La dottrina parla, al riguardo, e correttamente, di un diritto spettante a detti familiari iure proprio e non iure successionis. Da ciò consegue che, ad esempio, il coniuge che rinunci all’eredità mantenga comunque il diritto a percepire la propria porzione di tfr, essendo quest’ultimo un diritto proprio, e non ereditario.
Trattasi di un diritto che discende automaticamente dalla qualità di coniuge o di figlio, mentre per gli altri parenti e gli affini è subordinato all’ulteriore condizione che essi vivessero a carico del defunto.
In ordine ai criteri di ripartizione della somma, essa è rimessa all’accordo delle parti, ed in caso contrario è rimessa al giudice, vincolato al criterio del “bisogno di ciascuno”, ad ulteriore riprova dell’assoluta estraneità del diritto in oggetto alla massa ereditaria.
L’art. 2122 cod. civ. precisa poi come, in assenza di soggetti legittimati a percepire il tfr secondo quanto appena illustrato, esso debba essere erogato secondo le norme sulla successione legittima.
Da ultimo, occorre precisare come anche all’ex coniuge divorziato, purché non risposato e beneficiario di assegno di mantenimento, competa una quota del trattamento, precisamente pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il matrimonio è coinciso con il rapporto di lavoro.
Avv. Nicola Sansone
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